Console History: la crisi americana del 1983

 Buongiorno belle persone che scavano buche in New-Messico, oggi volevo parlarvi di un argomento che reputo incredibilmente affascinante, che fa da ponte tra la seconda e la terza generazione di console: la crisi dell'industria videoludica del 1983.

In realtà è un evento un po' più specifico: la crisi ha interessato solo il mercato nordamericano e nella maggior parte per quanto riguarda il solo settore delle console; non di meno è stato un evento epocale che ha cambiato per sempre il modo di fare videogiochi. Ma andiamo con ordine.


Tra la fine del 1982 e l'inizio del 1983 l'industria videoludica globale aveva raggiunto un notevole picco: le sale giochi stavano andando alla grande con nuovi titoli sempre di maggiore qualità, gli home computer stavano vivendo una forte ascesa, grazie soprattutto alla commercializzazione del Commodore 64 uscito da poco, e l'offerta videoludica delle console garantiva una vasta scelta, con più di 10 console disponibili.


Uno dei fattori scatenanti della crisi è stato proprio questo: troppa scelta. Con così tante console e computer disponibili il mercato era molto frammentato. Oltre a questo, i giochi disponibili su console erano per la maggior parte conversioni da sala giochi, e fatte molto male. L'esempio più lampante e famoso è vedere PacMan su Atari 2600, gioco in bundle con la console e veramente pessimo, sia come grafica che come gameplay.


Inoltre la scarsa considerazione verso i programmatori, dando loro tempi restrittissimi per produrre nuovi titoli, hanno portato alla produzione di giochi orrendi come il famoso caso del videogioco tratto dal film E.T. : storicamente conosciuto come uno dei videogiochi più brutti della storia, se non il più brutto. Ai programmatori sono state concesse solo 6 settimane e il risultato è un qualcosa al limite dell'ingiocabile, confuso e pieno di bug.


Altro tassello del puzzle è stata la modalità di vendita: la maggior parte delle console e i relativi videogiochi erano vendute nei negozi di giocattoli, quindi dovevano sottostare alle regole di mercato del settore. Nello specifico, i prodotti rimasti invenduti per pochi mesi dovevano essere sostituiti ai negozianti con merce nuova oppure rimborsati. Immaginate cosa possa voler dire per una casa che distribuisce videogiochi dover sostituire ogni tre mesi il proprio parco titoli.

Infine, gli home computer disponibili avevano un costo poco superiore a quello delle console e oltre a essere più potenti, permettevano di fare altre cose oltre al gioco, come tenere la contabilità, studiare, scrivere, stampare e quant'altro. Le campagne pubblicitarie di suddetti computer pressavano principalmente su questo punto.


Tutte queste cause hanno portato all'inevitabile: giochi anche molto recenti si trovavano scontati dopo pochi mesi a quasi un decimo del prezzo, console invendute, milioni di cartucce restituite. Le aziende hanno sofferto gravi perdite e alcune non hanno retto il colpo, ritirandosi definitivamente dal mercato. Lampanti gli esempi di Mattel e Coleco, che nonostante le loro console (Intellivision e Colecovision) fossero potenti e con un buon parco titoli, furono costrette a chiudere il settore videoludico.


Torniamo per un attimo al caso più emblematico, quello di Atari: Pac-Man andava fortissimo in sala giochi e, calcolando che in totale Atari aveva venduto 10 milioni di console, decise di produrre 12 milioni di cartucce della conversione di Pacman per il suo Atari 2600, sicura che tutti quelli che avevano una loro console avrebbero comprato il gioco e che un titolo di richiamo del genere gli avrebbe fatto vendere ancora moltissimo altro hardware. Purtroppo per Atari le vendite si sono assestate sui 7 milioni, lasciando 5 milioni di copie in magazzino. Stesso discorso per il gioco di E.T., prodotto in 5 milioni di copie ma vendute solo 1,5 milioni.

Tutte queste cartucce sono state "smaltite" da Atari seppellendole in una discarica nel New-Mexico. Questo fatto fino ad una decina di anni fa suonava come una leggenda metropolitana, una storiella uscita da chissà dove e mai verificata. Nel 2014 dei documentaristi (finanziati tra gli altri anche da Microsoft) hanno effettivamente ritrovato molte di queste cartucce ( QUI un articolo di Wired che ne parla più nel dettaglio ).


Questa crisi durò svariati anni, superata solo dall'introduzione delle console di nuova generazione, soprattutto del NES di Nintendo e spostando il dominio delle console casalinghe dagli Stati Uniti al Giappone. Ma di questo parleremo la prossima volta.

Come detto all'inizio, questo argomento mi affascina: la produzione smodata, le scelte infelici, la reazione del mercato e le varie conseguenze sono cose che trovo incredibilmente interessanti da analizzare e disquisire. Come detto è un capitolo importantissimo della storia dei videogiochi e sono stati prodotti documentari, articoli e video un po' da chiunque, e ogni volta è incredibile come si possano trovare particolari nuovi o poco esplorati.

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